L’illusione del tramezzino

Il periodo delle feste si è appena concluso e con questo anche le interminabili prove di resistenza a cibi, vino e conversazioni. Queste circostanze informali si prestano a fare emergere più facilmente ciò che realmente pensiamo rivelando i nostri atteggiamenti più autentici. Probabilmente dato il mio interesse per l’argomento ho osservato con maggiore attenzione la modalità con cui si esprime il pensiero nonostante l’offuscamento dei sensi tipico delle lunghe giornate a tavola.
“Beata quella persona che andando in televisione ha svoltato”, “Brad Pitt può avere tutte le donne che vuole…”, “vivere in Messico è un sogno…”, “quella lì è una poco di buono…”, “se vincessi alla lotteria sarei felice…”, “beato te che sei libero professionista…” sono naturalmente solo un esiguo esempio di quanto il nostro modo di pensare si avvalga di idealizzazioni e svalutazioni fino a raggiungere livelli che possono diventare fastidiosi.

Quando idealizziamo filtriamo solo gli aspetti positivi, vediamo solo il lato meraviglioso delle cose, esattamente come i tramezzini dalla farcitura ingannevole nelle vetrine di alcuni bar.

Consideriamo un aspetto parziale della realtà, il che ne rende molto più agevole l’interpretazione, allontanandola tuttavia dalla realtà stessa. E’ il processo che porta alla creazione di miti e di idoli. È lo stesso meccanismo infantile che mettiamo in atto verso i nostri genitori nella fase in cui abbiamo bisogno di convincerci che siano i migliori del mondo. Tutto ciò ha una grande utilità esistenziale perché consente di crearci dei punti di riferimento affidabili e rassicuranti visto che la nostra vita dipende da loro. D’altro canto, sempre da un punto di vista evoluzionistico, svalutare, ci serve per metterli in discussione e iniziare a crearci una visione del mondo critica ed un’autostima indipendente. Un pensiero realmente “adulto” è in grado di riconoscere sia gli aspetti positivi che quelli negativi delle cose e delle persone così da avere una rappresentazione del mondo reale e non di fantasia. Quando idealizziamo stiamo creando una distanza incolmabile tra noi ed il nostro mito, stiamo dicendo che c’è qualcosa che noi non saremo mai o che non avremo mai e che rappresenta proprio ciò che davvero ci renderebbe felici. Questo pensiero rischia di essere immobilista e deresponsabilizzante: “tanto non posso farci nulla, io non sarò mai cosi, non otterrò mai quella cosa, non ho le sue capacità…”; d’altronde con che spirito potrei rincorrere qualcosa di così lontano?

Dove posso trovare la motivazione per un’impresa che considero impossibile?

Per chi fa il nostro lavoro è facile rendersi conto di quanto sia diffusa e nociva questa attitudine e di quanto contribuisca a generare un pensiero ansioso e depressivo. Meglio rimanere fermi e pensare la vita anzicchè viverla. Come canta Brunori Sas nel bellissimo brano “La vita pensata”.

In conclusione, trovo naturale che una conversazione ordinaria possa essere punteggiata da idealizzazioni e svalutazioni, tuttavia risulta pericoloso nel momento in cui questa diventi la nostra unica e rigida modalità di pensiero applicata anche a contenuti per noi importanti. Per questo motivo ritengo che i giovani italiani non siano dei bamboccioni ma che esista un pensiero “bamboccesco”, immaturo e pericoloso che appartiene a quella cultura immobilista e deresponsabilizzante che, secondo me, accompagna con inevitabile congruenza la crisi del nostro paese.

Miro

L’illusione del tramezzino
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