Proiezioni pericolose: quando l’altro vede se stesso in noi.

Ho conosciuto una persona, un tempo, che vedeva il male ovunque senza però mostrarsi mai spaventata, anzi, direi che non conosceva affatto l’espressione della paura.
Aveva una vita abbastanza sociale, tuttavia aveva pochissime amicizie intime.
Oggi, a distanza di tempo, la cosa non mi sembra affatto strana, ma, all’epoca, lo trovai ingiusto e doloroso.

I sui comportamenti erano fortemente ambivalenti, possedeva una grande capacità seduttiva e allo stesso tempo si mostrava ruvida e fredda nell’aggredirti; non alzava mai la voce, semplicemente utilizzava inizialmente una profonda ed esplicita adulazione per avvicinarsi, ed una sottile e implicita svalutazione per allontanarsi poi. Il risultato era fatto di forti legami, molto intensi, che si frantumavano in breve tempo sotto i colpi della sua rabbia.
Insomma si avvicinava, pungeva e poi diceva che era stata troppo buona e aveva ricevuto ingratitudine.
Era impossibile farla felice e ricevere la sua più sincera gratitudine, ma era molto facile urtare la sua suscettibilità. Ero di fronte a quella che si chiama “sindrome rancorosa del beneficato”.

Di fronte a lei mi sentivo costantemente in debito, un debito mai contratto e a maggior ragione impossibile da estinguere.

Ho faticato molto a capire come facesse a costruire queste relazioni, poi un giorno, quando mi sono liberata di lei, ho capito.

Esiste un meccanismo difensivo che si chiama “proiezione”. Questo meccanismo in assenza di una sicurezza e di una solida struttura emotiva, ci aiuta a difendere la nostra psiche dalle molteplici incognite della vita, paure, delusioni, fallimenti, e funziona più o meno così:

Per un motivo X, queste persone si sentono vulnerabili, fortemente minacciate da chiunque incontrino, una minaccia del tipo “tu non vali niente” (ma può essere anche, “non sei abbastanza”, “non sei capace”, ecc…). Quando entrano in contatto con una persona, una qualunque persona, arriva la minaccia; a questo punto sentono la rabbia salire, una rabbia talmente intensa che avvertono il bisogno di allontanarla, non sono in grado di sopportarne il peso; tuttavia, poiché dalle emozioni non si scappa, attivano inconsapevolmente un meccanismo raffinato, si dicono che quello che provano non appartiene a loro ma appartiene all’altro: lo proiettano.

Proiettando la loro rabbia sull’altro, si comporteranno con questa persona “come se” fosse pericolosa, ottenendo due risultati interessantissimi: da una parte si stanno confermando che il mondo è pericoloso e che, quindi, fanno bene a difendersi, e, dall’altra, il conflitto che ne scaturirà permetterà loro di allontanarsi e di evitare di costruire una relazione intima, una delle cose che più li spaventa, perché probabilmente la minaccia originaria, quella che ha dato il via al meccanismo difensivo è arrivata proprio da una relazione intima che doveva tutelarli.

Il risultato di tutto questo è un circolo vizioso in cui sarà sempre l’altro il responsabile del loro malessere e finché non si assumeranno la responsabilità della loro proiezione, resteranno vittime.

Ecco perché nel caso della persona che ho conosciuto le amicizie intime erano scarse e passeggere.

Stare vicino a queste persone è molto doloroso, soprattutto quando ti rendi conto che la loro malvagità è segno di una grande fragilità, perché ti piacerebbe star loro vicino ma il rischio è che come scorpioni ti pungano ferendoti mortalmente.

Ogni parola che dici diventa un’arma contro di te, scovano intenzioni subdole anche dietro un complimento, un sorriso, una preoccupazione. Se dici “oggi ti vedo stanca” vuol dire che le stai dicendo che è brutta. Se le fai un regalo vuol dire che vuoi ottenere qualcosa, se sollevi una obiezione, o ti tratta come una stupida che non ha capito, oppure si difende come se le stessi dicendo che lei è sbagliata.

Più aumenta la loro proiezione più saremo spinti a cercare giustificazioni, a dare di più per farli ricredere, per dimostrare che noi non siamo quel carnefice che ci stanno disegnando addosso, entrando in un vortice che rischia di contaminare la nostra autenticità e che potrebbe prima o poi farci perdere l’equilibrio, dando la conferma che così intensamente cercavano e cioè che quelli sbagliati siamo noi. Due vantaggi, come dicevo, loro sono vittime, noi i carnefici. Ed ecco qua che la proiezione, come da copione, li ha difesi dal loro dolore.

Alla lunga le relazioni con queste persone diventano nocive e, se non siamo abbastanza forti da riconoscere i confini tra noi e loro, rischiamo di farci contagiare, come un virus tossico, dalle loro proiezioni.

Rischiamo di confonderci, di fonderci-con le loro paure diventando nostro malgrado i carnefici.
La parte più faticosa di questi incontri, infatti, non è la separazione ma la ricostruzione della propria immagine di sè che risulta fortemente danneggiata, contaminata, da quella rabbia e da quel disprezzo.

Che fare allora? come reagire di fronte a questo gioco di specchi?

Passare oltre, lasciare andare, ricostruirsi. Rinunciare alle vostre intenzioni, di vicinanza, condivisione e affetto significherebbe perdere un pezzo di voi e rinunciare ad una parte di voi significherebbe fare il loro stesso errore. Chi si difende in questo modo non ha bisogno di nuovi carnefici ma di riconoscere l’origine del suo malessere ed è un compito che, purtroppo, non spetta a voi ma ad un professionista.

A voi non resta che fare i conti con la frustrazione di essere stati usati per un compito opposto a quello che volevate e di pacificarvi con il dolore di non poterli salvare.

Proiezioni pericolose: quando l’altro vede se stesso in noi.

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