Non è te che aspettavo

Quanta sincerità e quanta umanità c’è dentro questo fumetto.
Fabien Toulmé, al suo esordio con questa graphic novel autobiografica (pubblicata in Italia da Bao Publishing), ha messo da parte qualunque perbenismo e ha affrontato nelle sue strisce i sentimenti contrastanti che lo hanno stravolto quando ha scoperto che la sua secondogenita aveva la trisomia 21, patologia cromosomica più comunemente conosciuta come Sindrome di Down.

Versa lacrime e si dispera per gran parte della storia e dichiara apertamente, fin dal titolo, il suo rifiuto per la figlia.
In questa società pervasa da intolleranza e da rigurgiti di razzismo verso lo straniero e il diverso, la sincerità disarmante di questo padre travolto dall’inaspettato è confortante. Sì perché ricevere una notizia di disabilità difficilmente troverà pronto un genitore. Quando qualcosa di inaspettato raggiunge le nostre vite, ci può volere del tempo per andare oltre ciò che appare, permetterle di entrare nelle nostre vite e instaurare con essa intimità e fiducia.
Il fumetto non indugia su buonismi, o su smielate ramanzine su una presunta genitorialità perfetta che per amore supera tutto.
Tutt’altro.

Qui c’è un dolore da attraversare e, senza censure e paura di essere giudicato, Fabien mostra il suo difficile percorso, facendoci vedere tutta quell’umanità che solo uno spirito superficiale potrebbe giudicare meschina.

Ci fa sentire cosa vuol dire “non essere pronti”, sentirsi devastati dalla propria incapacità di accettare un figlio, quel figlio, e i numerosi sensi di colpa che si provano.
Un vicolo cieco, in sostanza, senza via di uscita se non in quella frase/confessione “Non è te che aspettavo”, perché le sofferenze non ce le scegliamo noi, ma dipende da noi se continuare ad amare nonostante quelle, questa è l’unica cosa che possiamo fare: andare oltre senza negare di avere sofferto.

La disabilità riguarda sempre più frequentemente la nostra incapacità di vedere il mondo nelle sue infinite sfumature, e nel superare i nostri pregiudizi.

Disabilità può essere la nostra idea di perfezione e, ancora di più, l’incapacità di confessare i nostri limiti rimanendoci incastrati.

La “bambina bacio”, come la chiamerà la sorella maggiore, avrà anche lei il suo papà quando quest’uomo accetterà di essere autenticamente imperfetto, di doversi lui trasformare in padre, senza aspettare che lei diventi la figlia che “si aspettava”.
Di essere lui quello che aveva bisogno di tempo.

Non è te che aspettavo
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